Una squadra di robot marini e aerei per il monitoraggio ambientale

Si chiama TARMEM, ed è un progetto che vede coinvolte ISME e la Carnegie Mellon University  in Qatar, con l’obiettivo di studiare i sistemi di controllo e comunicazione di una squadra di veicoli marini e aerei per il monitoraggio a lunghe distanze degli ambienti marini.

 

 

Il monitoraggio dell’ambiente marino è un’attività che sta assumendo sempre maggiore importanza, a mano a mano che le ineludibili questioni legate ad ambiente e sostenibilità si palesano tutta la loro gravità. Avere sotto controllo gli effetti dell’operato umano su un’area marina e sui suoi ecosistemi attraverso una raccolta dati continua e ampia dei parametri ambientali è un passo necessario per poter mettere a punto strumenti di salvaguardia degli ambienti di mari e oceani.

 

Le tecnologie e gli strumenti per il monitoraggio sono in continua evoluzione, per potere assicurare la raccolta di dati e campioni da aree vaste e a volte difficili da raggiungere per l’uomo.

 

TARMEM (“Teams of Aquatic/Aerial robots for Marine Environmental Monitoring”) cerca di rispondere all’esigenza di avanzamento tecnologico dei sistemi di monitoraggio studiando un sistema composto da veicoli autonomi sia marini di superficie che aerei, in grado di coordinarsi, cooperare e comunicare tra di loro. Questo costituirebbe un grande avanzamento rispetto alla pratica odierna, che vede impiegata di solito una grossa nave, in grado di poter fare solo monitoraggi sporadici e per un arco di tempo breve.

 

 

 

Il progetto è finanziato dal Qatar National Research Fund (QNRF), e vede coinvolte ISME (nodi dell’Università di Genova e di Cassino) e la Carnegie Mellon University in Qatar.

 

“Le squadre di robot possono essere fornite di sensori per misurare la qualità dell’acqua – spiega Filippo Arrichiello, del nodo ISME di Cassino – mentre i velivoli sono dotati di telecamere che possono fare monitoraggio dall’alto, per esempio per rilevare chiazze di sostanze inquinanti. Il sistema a regime garantisce quindi la possibilità un monitoraggio a lungo termine e duraturo dello stato dell’ambiente, e deve essere robusto e resistente alle condizioni avverse che spesso in mare si verificano”.

 

 

I problemi scientifici che il progetto deve risolvere riguardano il coordinamento e la comunicazione dei robot tra di loro: i veicoli devono cooperare per adattare la missione a un ambiente imprevisto, evitando le collisioni e dividendosi il tratto di mare da monitorare, e restare in contatto tra di loro tramite WiFi, un segnale che potrebbe essere debole o soggetto a interruzioni in mare aperto, o a causa delle distanze elevate dei veicoli tra di loro.

 

Infine, i robot devono convergere in un punto preciso in alcuni momenti, perché i velivoli hanno una durata della batteria limitata, e quando finisce la carica hanno la necessità di atterrare su un veicolo marino che quindi deve trovarsi nella vicinanze al momento opportuno.

 

 

 

 

 

 

 

“Far coordinare una squadra di veicoli autonomi eterogenei – afferma Enrico Simetti, del nodo ISME dell’Università di Genova – è una sfida complessa. Per questo stiamo lavorando a nuovi approcci agli algoritmi di navigazione, in modo da fornire al gruppo un’intelligenza collettiva che lo renda in grado di far fronte agli imprevisti e di adattare la missione.”

 

“Nei prossimi mesi – conclude Arrichiello – eseguiremo la prima dimostrazione relativa all’atterraggio di un veicolo aereo su un catamarano, mentre la dimostrazione finale prevederà l’utilizzo di una squadra eterogenea di veicoli autonomi. Le tecniche di controllo sviluppate saranno distribuite e scalabili; ovvero, ogni veicolo, per decidere come operare, si potrà basare sulle informazioni dei propri sensori o su quanto comunicato dai veicoli vicini, e tali tecniche dovranno essere concepite per essere applicabili a gruppi di robot anche più numerosi.”.

 

 

 

 

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