Antartide, un laboratorio per studiare i cambiamenti climatici.

Dopo il fallimento, per l’ottava volta di fila, del tentativo guidato da Australia, Francia e Unione Europea di dichiarare un parco marino protetto di un milione di chilometri quadrati a est dell’Antartide, Andrea Caiti di ISME spiega perché l’Antartide riveste un’importanza fondamentale per lo studio della biodiversità e dei cambiamenti climatici, e con quali tecnologie è possibile monitorare parametri ambientali ed ecosistemi.

 

 

Nell’ultima riunione della Commissione per la conservazione delle risorse marine viventi dell’Antartide (Ccamlr), a cui aderiscono 25 Paesi, è mancato nuovamente, per l’ottava volta di seguito, il voto unanime richiesto per la costituzione di un’area marina protetta a est dell’Antartide (l’East Antarctic Marine Park),che avrebbe tutelato habitat cruciali per pinguini, foche, balene e uccelli marini. Determinante è stato il veto di Cina e Russia, che conducono pesca industriale nell’Oceano Meridionale.

“L’Area antartica – afferma Andrea Caiti, docente di robotica subacquea del nodo ISME dell’Università di Pisa – contiene una grande biodiversità, che non deve essere messa a rischio, e risorse alla base della catena alimentare di pesci e mammiferi, come il krill. La zona è anche di importanza cruciale per lo studio dei cambiamenti climatici, sia quelli avvenuti nel passato, “intrappolati” negli strati di ghiacci più antichi, sia quelli in atto, che si possono analizzare osservando la variazione di estensione dei ghiacciai, ma anche attraverso la raccolta dati relativa alla temperatura dell’acqua.

 

Per comprendere come varia la temperatura in acque profonde, spesso coperte da superfici ghiacciate -prosegue- si possono usare metodi che si basano sull’acustica. La velocità di propagazione del suono in acqua infatti dipende dalla temperatura. Posizionando quindi delle sorgenti acustiche ancorate a boe e trasmettendo suoni a dei ricevitori posizionati a una certa distanza possiamo determinare, a seconda di come il suono viene ricevuto, la temperatura della colonna d’acqua.”

 


Boa con idrofoni

 

 

Tuttavia, in zone così delicate per la grande riserva di biodiversità che ospitano, e che va preservata, i metodi acustici potrebbero andare sovrapporsi ai suoni emessi dai mammiferi marini, creando un “rumore” che li disturba. Specie se la sorgente acustica è posta a grande distanza dal ricevitore, e quindi deve emettere suoni più intensi.

 

“Ricerche più avanzate, pensate proprio per le aree marine protette in Antartide, come la riserva di Ross, stabilita nel 2016 (https://www.ilpost.it/2016/10/28/riserva-naturale-antartide/) – spiega Caiti – si basano, anziché su suoni emessi da sorgenti posizionate ad hoc, su sorgenti acustiche naturali, il cosiddetto Soundscape ( “panorama acustico”). Dei ricevitori vengono posizionati e raccolgono i diversi rumori dell’ambiente subacqueo. Confrontando tra loro diverse misurazioni si determina se i rumori raccolti variano nel tempo. In questo modo è possibile fare monitoraggio a lungo termine, anche in periodi invernali o di tempo avverso, e raccogliere informazioni non solo sulle variazioni di temperatura, ma anche su diversi altri fattori: dalla rottura dei ghiacci (il “crac” di rottura ha una precisa segnatura acustica) fino alle migrazioni e ai comportamenti dei mammiferi (ascoltando per esempio se le vocalizzazioni aumentano o diminuiscono).”

 

Il monitoraggio ambientale marino richiede, tra le tecnologie chiave, anche quelle robotiche. Il National Oceanographic Center di Southampton (NOC),con cui ISME collabora da tempo tramite un continuo scambio di studenti e ricercatori, ha sviluppato un veicolo, chiamato AUTOSUB, per lavorare in zone polari.

Si tratta di un veicolo autonomo di lunga portata e progettato per poter navigare sotto il ghiaccio, in ambienti altrimenti non accessibili, per misurare temperatura, salinità e ossigeno disciolto nella colonna d’acqua attraversata.

Provvisto di batterie ricaricabili e con capacità di immersione fino a 6000 metri, l’ultima versione del veicolo (Autosub Long Range), può navigare per un raggio di 6000 Km.

 

 

 

“Senza queste tecnologie -conclude Caiti –  l’unica possibilità per ottenere dati è scavare sotto il ghiaccio e inserire sonde. Ma in questo modo è possibile monitorare solo aree con ghiaccio relativamente poco spesso, e fare campionamenti su un punto solo.

 

 

 

I robot subacquei autonomi sono stati progettati anche per poter arrivare in zone precluse all’uomo, e quindi accrescere le nostre conoscenze specifiche su queste aree e darci la possibilità di effettuare monitoraggi più approfonditi. La tecnologia dunque esiste. E’ ora necessaria la volontà di applicarla a tutela di ambiente ed econsistemi

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