Il nodo di Genova di ISME lavora dal 2012 allo sviluppo di tecnologie per sfruttare il moto ondoso e produrre energia per applicazioni off-shore. Il mare è una delle fonti di energia meno usate, ma è una risorsa potenzialmente infinita di energia pulita.
Si chiama “SeaSpoon” (cucchiaino di mare), ed è il sistema sviluppato dal nodo ISME di Genova in grado di convertire l’energia meccanica del mare in altri tipi di energia, per esempio elettrica.
Due “orecchie” che ruotano, montate su una navicella, costituiscono il sistema, che, a differenza delle altre tecnologie di conversione energetica, opera in immersione a pelo d’acqua, ed è in grado di immergersi a vari livelli di profondità per evitare gli inconvenienti provocati da avventi avversi come tempeste.
“Il sistema – racconta Alberto Traverso, del Thermochemical Power Group della Scuola Politecnica dell’Università di Genova – deve il suo nome alle palette che ruotano, dette appunto cucchiai, opposte al generatore/rotore, che consentono di sfruttare il moto circolare delle particelle d’acqua amplificando la velocità dell’acqua che investe il rotore”.
SeaSpoon è stato stato testato prima in vasca e poi in mare con la collaborazione del CSSN di La Spezia, e rappresenta un risposta concreta all’esigenza di superare i limiti di tecnologie che fino ad ora non sono riuscite a trovare un impiego significativo per la produzione di energia dal mare.
“Il lavoro in immersione – prosegue Traverso – ha come obiettivo primario la sopravvivenza del sistema ad eventi estremi, ma anche il ridotto impatto sull’ambiente, sia visivo sia acustico, dal momento che non vengono creati rumori di superficie.”
Le applicazioni per il “pianeta Mare” sono molteplici: possiamo immaginare per esempio boe per il monitoraggio ambientale costantemente al lavoro, oppure sistemi di acquacoltura che potranno vedere le attuali batterie per assicurare la distribuzione del cibo, o la sopravvivenza in caso di tempesta, sostituite da un “cucchiaino di mare”.
Infine, sono in progettazione in collaborazione con la marina militare delle stazioni off-shore di ricarica per i veicoli autonomi, equipaggiate con tecnologie in grado di generare energia attraverso fonte solare e moto ondoso, che, come veri e propri “benzinai del mare”, potranno rifornire gli AUV senza costringerli al rientro a terra. Un accumulo elettrico permetterà di stoccare l’energia prodotta, mentre un sistema dedicato all’aggancio dei mezzi AUV e alla trasmissione di potenza consentirà la ricarica.
Le stazioni saranno mobili, in grado di navigare e ancorarsi dove c’è più bisogno.
Lo sviluppo di tecnologie innovative per lo sfruttamento dell’energia marina, inoltre, permetterebbe di sostenere il fabbisogno energetico delle comunità residenti in habitat costieri particolarmente vulnerabili o di infrastrutture come i porti, tutelando gli ecosistemi e mettendo a disposizione nuove strategie per l’inquinamento e adattamento ai cambiamenti climatici.
