Il progetto ARCHEOSUb si occupa di progettare dispositivi e veicoli al servizio degli archeologi che studiano siti sul fondo del mare, un “pianeta” difficile da esplorare e che ancora custodisce innumerevoli reperti. La ricerca è affidata ai nodi ISME dell’Università di Roma La Sapienza e dell’Università di Firenze con le rispettive spinoff WSense, che coordina il progetto, e MDM Team.
L’archeologia subacquea è una disciplina relativamente giovane, ma che ha permesso, negli ultimi anni, scoperte eccezionali, dal palazzo di Cleopatra fino al porto Cartaginese di Tharros, passando attraverso il ritrovamento di navi romane e dell’Invincibile Armada. Un’attività piena di fascino, ma che deve fare i conti con un ambiente, quello dei mari e degli oceani, difficile da esplorare, ancora in gran parte sconosciuto, e con caratteristiche che lo rendono quasi un altro “pianeta”.
Proprio per permettere agli archeologi l’esplorazione di siti e reperti del “pianeta acqua” è nato il progetto europeo ARCHEOSUb, che coinvolge i nodi ISME di Roma e Firenze e le rispettive spinoff Wsense e MDM, ed è coordinato dalla professoressa Chiara Petrioli dell’Università di Roma La Sapienza. In meno di due anni di lavoro, ARCHEOSUb ha messo a punto un sistema di raccolta e trasmissione dati che consentirà agli studiosi di dischiudere i segreti di aree ancora inesplorate.
Il sistema è composto da un veicolo autonomo subacqueo, “Zeno”, in grado di scendere fino a 120 metri di profondità, sensori subacquei per fornire dati real-time su siti e reperti, e tablet in dotazione agli archeologi.
Tablet, robot e sensori sono collegati da una rete acustica che permette un continuo scambio di dati.
Un team di archeologi lo userà per la prima volta a metà settembre, su un sito archeologico sommerso nel territorio di Israele.
“Una delle sfide nell’archeologia subacquea – racconta Alessandro Ridolfi, del nodo ISME di Firenze – è la costruzione di mappe di fondali profondi. Infatti, i siti posti fino a 50 metri di profondità sono per la maggior parte già noti. A profondità maggiori invece molto è ancora inesplorato. Spesso è difficoltoso l’uso di telecamere o altri sistemi di visione, e per acquisire una mappa del fondale dobbiamo avvalerci di segnali acustici, di dispositivi SONAR: il segnale viene inviato verso il fondale, su cui “rimbalza”, e al ritorno viene “catturato” e analizzato. Grazie a queste analisi possiamo costruire una mappa.”
Questa parte del lavoro è svolta dal veicolo autonomo Zeno, sviluppato grazie alla collaborazione fra il nodo ISME di Firenze e dallo spin off MDM Team dell’Università di Firenze. Zeno è in grado di muoversi, inviare, raccogliere i segnali ed elaborarli in mappe. Le mappe così costruire possono esser messe a disposizione degli archeologi.
il veicolo autonomo Zeno, provvisto di 8 motori, un modem acustico, un side scan sonar e telecamere
Proprio per le sue prestazioni avanzate, Zeno si è aggiudicato di recente il premio “Roma Drone Award 2018”, un riconoscimento conferito ad enti pubblici, scienziati o start -up che si sono messi in luce per l’impiego di droni in ambito militare o civile.
“Per ora – prosegue Ridolfi – Zeno si muove secondo missioni fisse e pre-programmate, ma questo non basta in un ambiente altamente imprevedibile come quello marino. Il prossimo passo dovrà essere quello di renderlo in grado di pianificare e modificare la missione in real-time in modo autonomo. Il desiderio e l’esigenza degli archeologi che studiano i reperti sotto mari e oceani è infatti quella di avere a disposizione veicoli completamente autonomi che esplorano i fondali e raccolgono dati senza avere bisogno di essere monitorati da un operatore.”
Da quasi dieci anni ISME fa ricerca sui veicoli subacquei per arrivare a livelli di autonomia sempre maggiori, studiandone le missioni da soli o in gruppo. Il progetto ARCHEOSUb fino ad ora ha utilizzato un solo veicolo per l’esplorazione, ma potrebbero essere utilizzate squadre di veicoli che si muovono in sciami, come già nel progetto di ISME WIMUST, e sono in grado di comunicare tra di loro e costruire una mappa unendo le informazioni parziali di ogni veicolo, con una sorta di intelligenza collettiva simile a quella degli insetti.
Nel prossimo futuro, sciami di api subacquee potrebbero portare alla luce le vestigia di veri e propri pianeti sommersi.
