Come si individuano i relitti e i siti archeologici subacquei? Con i robot!
Benedetto Allotta, del nodo #ISME dell’Università di Firenze, ci spiega come si ispezionano i fondali per identificare un sito d’interesse, dal relitto navale inabissato alle antiche città sommerse. Questi robot sono stati recentemente usati con successo anche per “mappare” bolle di anidride carbonica in mare, concentrazioni di gas responsabili di effetti negativi sulla fauna e flora subacquea.
L’archeologia subacquea è una disciplina relativamente giovane, ma che ha permesso, negli ultimi anni, scoperte eccezionali, dal palazzo di Cleopatra fino al porto Cartaginese di Tharros, passando attraverso il ritrovamento di navi romane e dell’Invincibile Armada. Un’attività piena di fascino, ma che deve fare i conti con un ambiente, quello dei mari e degli oceani, difficile da esplorare, ancora in gran parte sconosciuto, e con caratteristiche che lo rendono quasi un altro “pianeta”.
Una delle sfide nell’archeologia subacquea è la costruzione di mappe di fondali profondi. Infatti, i siti posti fino a 50 metri di profondità sono per la maggior parte già noti. A profondità maggiori invece molto è ancora inesplorato. Spesso è difficoltoso l’uso di telecamere o altri sistemi di visione, e per acquisire una mappa del fondale è necessario avvalerci di segnali acustici, di dispositivi SONAR: il segnale viene inviato verso il fondale, su cui “rimbalza”, e al ritorno viene “catturato” e analizzato. Grazie a queste analisi possiamo costruire una mappa.
Proprio per permettere agli archeologi l’esplorazione di siti e reperti del “pianeta acqua” è nato il progetto europeo ARCHEOSUb, che coinvolge i nodi ISME di Roma e Firenze e le rispettive spinoff Wsense e MDM, ed è coordinato dalla professoressa Chiara Petrioli dell’Università di Roma La Sapienza. In meno di due anni di lavoro, ARCHEOSUb ha messo a punto un sistema di raccolta e trasmissione dati che consentirà agli studiosi di dischiudere i segreti di aree ancora inesplorate.
Il sistema è composto da veicoli autonomi subacquei in grado di scendere fino a 120 metri di profondità, sensori subacquei per fornire dati real-time su siti e reperti, e tablet in dotazione agli archeologi.
Tablet, robot e sensori sono collegati da una rete acustica che permette un continuo scambio di dati.
Il veicolo Zeno è stato sviluppato grazie alla collaborazione fra il nodo ISME di Firenze e dallo spin off MDM Team dell’Università di Firenze. Il robot è in grado di muoversi, inviare, raccogliere i segnali ed elaborarli in mappe. Le mappe così costruire possono esser messe a disposizione degli archeologi.
il veicolo autonomo Zeno, provvisto di 8 motori, un modem acustico, un side scan sonar e telecamere
Proprio per le sue prestazioni avanzate, Zeno si è aggiudicato di recente il premio “Roma Drone Award 2018”, un riconoscimento conferito ad enti pubblici, scienziati o start -up che si sono messi in luce per l’impiego di droni in ambito militare o civile.
Per ora Zeno si muove secondo missioni fisse e pre-programmate, ma questo non basta in un ambiente altamente imprevedibile come quello marino. Il prossimo passo dovrà essere quello di renderlo in grado di pianificare e modificare la missione in real-time in modo autonomo. Il desiderio e l’esigenza degli archeologi che studiano i reperti sotto mari e oceani è infatti quella di avere a disposizione veicoli completamente autonomi che esplorano i fondali e raccolgono dati senza avere bisogno di essere monitorati da un operatore.
Nel prossimo futuro, sciami di api subacquee potrebbero portare alla luce le vestigia di veri e propri pianeti sommersi.
Il robot FeelHippo. Realizzato nel 2013 da studenti dell’Università di Firenze per una competizione, il veicolo subacqueo FeelHippo si è negli anni trasformato in un vero e proprio veicolo autonomo, che può essere impiegato in coordinamento con altri veicoli marini e terrestri per l’intervento in zone di disastro naturale o causato dall’uomo, in contesti simili a quello di Fukushima, oltre all’esplorazione dei fondali in progetti di monitoraggio ambientale e archeologia subacquea.
FeelHippo è stato anche usato in un recente esperimento a Vulcano per mappare le bolle di anidride carbonica. I vulcani sul fondo del mare rappresentano un laboratorio naturale per studiare gli effetti negativi dell’anidride carbonica e della maggiore acidificazione delle acque sulla biodiversità. Dalle bocche dei loro crateri, infatti, fuoriescono numerosissime bolle di anidride carbonica che ne fanno anche l’ambiente ideale per sperimentare modi per stimare la quantità di CO2 contenuta nel mare.
Un team italo-tedesco, composto da ricercatori del nodo ISME dell’Università di Firenze e della Jacobs University di Brema, ha condotto un primo esperimento sull’isola di Vulcano, usando un robot subacqueo autonomo per “contare” le bolle di anidride carbonica presenti nelle acque marine.
“Fino ad ora – commenta Alessandro Ridolfi (ISME- Università di Firenze) – le misurazioni erano state affidate principalmente a sub provvisti di telecamere, in grado quindi di riportare stime molto approssimative, e solo relativamente ad ambienti marini accessibili all’uomo. Abbiamo quindi fatto un primo esperimento con il nostro robot subacqueo FeelHippo, un veicolo autonomo provvisto di telecamere e sonar, e sviluppato per esplorare i fondali marini, ma anche in grado grazie alle medesime tecnologie, di mappare le bolle di CO2 nell’acqua.”
FeelHippo è stato sviluppato nel 2013 dall’Università di Firenze, uno dei nodi di ISME, istituzione che include nove atenei Italiani impegnati nella ricerca sulle tecnologie per il mare.
“Il veicolo utilizza sia mezzi ottici che acustici – prosegue Ridolfi -: in acqua infatti le onde sonore sono il mezzo di esplorazione e comunicazione privilegiato. I sonar del robot lanciano onde acustiche che, incontrando una bolla di gas, producono una «eco» caratteristica, che viene rilevata dal robot e «contata» come bolla. In questo progetto stiamo collaborando con un team della Jacobs University composto da ingegneri, biologi e geologi, che poi potranno usare i dati raccolti da FeelHippo per studiare l’impatto dell’acidificazione prodotta dall’anidride carbonica sull’ambiente marino.”
L’esperimento dei due team è stato condotto nell’ambito della più ampia iniziativa del progetto europeo EUMarineRobots, che riunisce gli attori più importanti della robotica marina di tutti gli stati europei, con lo scopo di condividere tecnologie e infrastrutture per costituire una comunità europea di ricercatori del mare con una piattaforma comune di conoscenze. ISME è parte del progetto e ha messo a disposizione le tecnologie e i robot sviluppati dai suoi ricercatori, come, ad esempio, FeelHippo.
